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(能) Forma di teatro giapponese.

Il Nō una forma di teatro sorta in Giappone nel XIV secolo. Inizialmente faceva parte, insieme al Kyōgen;, di una forma drammatica nota come Sarugaku. Mentre il Nō era centrato sulla danza e sul canto il Kyōgen era soprattutto basato sui dialoghi e sull’improvvisazione che seguiva canovacci predeterminati. A partire dal XVI secolo i due generi si diversificarono. Il Nō veniva recitato da attori in maschera ed era basato su testi scritti. I primi risalgono al XV secolo ma la maggior parte fu composta nel XVI. Il Kyōgen invece continuava a basarsi in gran parte sull’improvvisazione. I personaggi principali di un Nō sono esseri soprannaturali (divinità, spiriti) oppure personaggi storici o leggendari. Anche in questo si differenziava dal Kyōgen i cui protagonisti erano gente comune. Il primo autore di Nō fu Kiyotsugu Kan’ami (1334-1384). Insieme a suo figlio Motokiyo Zeami (1363-1443) e al nipote Motomasa Jūrō ; (1394-1431) formano la triade della scuola Kanze. Zeami forse l’autore pi importante di ogni epoca con all’attivo oltre duecento opere, che vengono tuttora messe in scena, e molti scritti sul teatro e sull’esecuzione delle opere. Va comunque considerato che il Nō una forma teatrale antica tuttora in vita, caso piuttosto raro, e che anche in tempi moderni ci sono stati autori che hanno scritto per questo genere. Uno fra tutti Yukio Mishima (Kindai nogaku shu, Cinque Nō moderni, 1956). Nel Nō i movimenti degli attori sono estremamente stilizzati e ridotti all’essenziale. Piccoli cenni del capo o movimenti del corpo hanno significati ben precisi. I ruoli sono fissi: lo Shite (primo attore), il Waki (comprimario) lo Tsure (accompagnatore), il Jiutai (coro), i Koken (assistenti di scena). La scena molto semplice e ridotta anch’essa all’essenziale. Gli attori, per salire alla ribalta, percorrono una passerella posta a sinistra del palcoscenico detta Hashigakari. Questa soluzione fu poi trasposta nel Kabuki, dove viene denominata Hanamichi, cio ponte dei fiori. Lo Shite recita in maschera il che ovviamente toglie ogni possibilità di esprimersi con la mimica facciale. Però la grande abilità degli attori produce quasi espressività della maschera anche grazie al fatto che quest'ultima scolpita in modo tale che a secondo dell'orientamento e della diversa incidenza della luce si producano mutamenti espressivi. Poich i buchi posti all'altezza degli occhi sono di ridottissime dimensioni, per aumentare ulteriormente l'espressività, gli attori hanno a disposizione una visuale limitatissima e si servono quindi di punti fissi per orientarsi e di percorsi predeterminati. La musica di accompagnamento eseguita con strumenti a fiato (fue, flauto) e a percussione (ōtsuzumi, kotsuzumi, tamburi). Esistono tuttora in Giappone circa 1500 attori di Nō e cinque scuole principali. Tra le quali la storica Kanze.

Bibliografia:
Per approfondire le tecniche di questa forma di teatro, l'opera pi considerevole il Fushikaden (Della trasmissione del fiore dell'interpretazione) che fu scritto da Zeami per tramandare ai discendenti i segreti dell'arte. Un'edizione molto interessante di questa opera :

  • Motokiyo Zeami, Il segreto del teatro Nō, a cura di René Sieffert, Milano Adelphi 1966.
Importante per la personalità degli autori anche:
  • Ezra Pound e Ernest F. Fenollosa, Il teatro giapponese Nō, Vallecchi Firenze 1966.
Inoltre:
  • Gian Carlo Calza, Il fiore nel demone. L'incanto sottile del dramma Nō, Ed. Nuova Milano 1983.

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